Cavallo di ritorno finito in manette per un “focoso” estortore
Catania – I protagonisti di questa quasi grottesca storia sono un disoccupato catanese di 22 anni ed i componenti di un intero nucleo familiare che, per estrema bontà, hanno tribolato non poco.
Il giovane, già gravato da precedenti di polizia, allontanato dal proprio nucleo familiare e con difficoltà economiche si era rivolto ad un vicino di casa che, nonostante tutto, gli aveva dato accoglienza dandogli da mangiare, un posto dove dormire e, in seguito, addirittura un lavoro come bracciante agricolo. Tutto bene, tranne quest’ultimo aspetto, il lavoro appunto.
Da questo momento il comportamento del giovane ospite muta radicalmente diventando aggressivo e molesto nei confronti dei suoi benefattori, marito e moglie, le figlie ed un fidanzato di una di esse ma loro tutti, forse per eccesso caritatevole o per incapacità a troncare i rapporti, accolgono ancora il giovane che un giorno, per tutta risposta, ruba il cellulare del capo famiglia.
Il ladro a questo punto, trasferitosi nel messinese, progetta il suo piano criminale: chiedere telefonicamente al suo benefattore un riscatto di oltre mille euro a fronte della restituzione dell’apparecchio che vale molto di meno, ma i numeri contenuti nella rubrica hanno per il proprietario una grande importanza. La figlia della vittima interviene quindi nella contrattazione telefonica, riesce a ridurre del 50% la richiesta ma il giovane, in preda ad una crisi ormonale, le offre uno sconto a patto che lei si presti alle sue attenzioni sessuali: è troppo!
La ragazza si rivolge ai Carabinieri che le consigliano il da farsi, concordare un incontro con il ladro spasimante che quel giorno, manco a dirlo, si presenta effettivamente all’appuntamento. La ragazza guardata a vista dai militari consegna una parte del denaro al giovane che le riconsegna il cellulare ma, purtroppo per lui, ecco materializzarsi i carabinieri che gli stringono ai polsi le manette.
Il giovane, tradotto inizialmente in carcere, dopo la convalida del G.I.P. è stato posto ai domiciliari in casa di un familiare con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico.