Commissione parlamentare regionale antimafia Claudio Fava: caso Antoci
Il Presidente della Commissione parlamentare regionale antimafia Claudio Fava ha tenuto stamattina una conferenza stampa per discutere del contenuto della recente relazione sul “caso Antoci” e le reazioni che questa ha suscitato.
Fava era accompagnato dai due consulenti della Commissione Tuccio Pappalardo, già Questore e poi Direttore della DIA e Bruno Di Marco, ex Presidente del Tribunale di Catania.
“Entrambi – ha sottolineato Fava – hanno offerto ed offrono un contributo prezioso a tutto il lavoro svolto dalla Commissione, supportandone la fase istruttoria di tutte le relazioni con qualità e competenza.”
Fava ha chiarito che “la Commissione non ha ricevuto né acquisito alcuna nota anonima ma ha basato il proprio lavoro esclusivamente sugli atti giudiziari ostensibili e messi a disposizione dall’autorità giudiziaria, oltre che sui verbali stenografici delle 23 audizioni svolte.”
“La Commissione non ha mai affermato che l’ipotesi più plausibile sia quella della messinscena, ma ha sottolineato che quella dell’attentato mafioso a fine stragista è la meno plausibile alla luce dei dati raccolti.
In ogni caso tutte le ipotesi, come riportato nella relazione restano in piedi e questa valutazione è del tutto oggettiva legata alla lettura e all’analisi dei fatti e dei documenti. Senza alcun aggettivo né alcun punto esclamativo.”
All’incontro con i giornalisti ha preso parte anche il Presidente dell’Assemblea Regionale On.le Gianfranco Micciché, che ha definito “ottimo il lavoro della commissione Antimafia”.
“Ci tenevo ad essere qui – ha detto Micciché – perché volevo dare il mio appoggio alla commissione parlamentare Antimafia e anticorruzione per il lavoro che sta facendo: coraggioso, molto minuzioso e preciso. Tutta l’Assemblea regionale è soddisfatta. Dalle tre inchieste che avete curato (caso Montante, processo Borsellino e caso Antoci ) sono emerse tantissime incongruenze e anomalie.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, Fava ed i due consulenti hanno sottolineato che “si è trattato di un attentato di estrema gravità, che ha avuto un grande risalto anche a livello nazionale; un attentato certamente anomalo, nelle sue modalità se riportato alla “casistica” degli attentati mafiosi.”
Fava ha sottolineato quello che ha definito “l’imbarazzo degli ambienti investigativi rispetto alle evidenti contraddizioni nel comportamento di alcuni funzionari di pubblica sicurezza, così come nel fatto che l’autorità giudiziaria non abbia ritenuto di dover approfondire quelle contraddizioni.”
L’ex Presidente Di Marco ha elencato quelle che ha definito come “anomalie” rispetto alla ricostruzione dei fatti sottolineandone alcune:
– nessuno ha preso in considerazione il fatto che l’attentato sia avvenuto su una strada statale, luogo nel quale un attentato necessiterebbe un blocco in entrambe le direzioni
– non sono state allertate immediatamente le centrali operative che mettessero in moto misure attive per intercettare gli attentatori (nessun posto di blocco)
– le armi usate sono palesemente inidonee per la blindatura dell’autovettura
– l’assenza di un fuoco incrociato contro la vettura
– la scelta di un momento ed un luogo poco adatti, per il buio e la presenza di assenza di vie di fuga per gli attentatori, di cui per altro la Polizia Scientifica non è riuscita ad individuare possibilità modalità di effettiva fuga
– la mancata attuazione delle regole d’ingaggio previste da parte degli agenti di scorta
– il trasferimento di Antoci dalla vettura blindata per portarlo su una vettura non blindata per altro ferma a decine di metri di distanza;
– il fatto che gli agenti di scorta vengano lasciati da soli per oltre mezz’ora senza avvisare nessuno della loro esposizione al pericolo
– il mancato ritrovamento dei bossoli degli attentatori.