Sara: più in alto di tutte cantando De Gregori
Roma – “Viva l’Italia” cantava Francesco De Gregori nel 1979. Un brano indimenticabile, che divenne una sorta di colonna sonora, l’anno successivo, per festeggiare una grande impresa dello sport italiano. Mosca, 26 luglio 1980, finale del salto in alto femminile. La polacca Urszula Kielan sbaglia la misura di 1,97 mt. e l’indimenticato telecronista RAI, Paolo Rosi, dopo una breve esitazione, esulta: “Oro, medaglia d’oro, Sara Simeoni!”. Una giornata memorabile, che consegnò agli annali il secondo titolo olimpico azzurro al femminile nell’atletica leggera, quarantaquattro anni dopo l’impresa di Ondina Valla a Berlino sugli 80 metri ad ostacoli. La 27enne saltatrice di Rivoli Veronese aveva coronato il suo sogno iniziato a Monaco 1972. Otto anni prima, il presidente del CONI, Giulio Onesti, malgrado la Simeoni avesse saltato “solo” 1,80 mt. nel corso della stagione, chiese di convocarla affinché facesse esperienza. Ebbe ragione: sesto posto e personale migliorato di cinque centimetri. Quattro anni dopo, il primo podio olimpico a Montreal dietro l’avversaria di sempre, la tedesca dell’est Rosemarie Ackermann. Una crescita costante, frutto di duro lavoro e grandi sacrifici. Nel 1978, quindi, la grande svolta. Il 4 agosto, a Brescia, nel corso di una riunione di atletica tra le nazionali di Italia e Polonia, salta 2,01 mt. stabilendo il nuovo record del mondo. Un risultato eccezionale, il muro dei due metri era stato abbattuto. Qualche settimana più tardi dimostrò ancora una volta tutta la sua classe conquistando il titolo europeo a Praga, eguagliando il suo record.
Mancava, però, ancora qualcosa, per entrare nell’olimpo e Mosca era il palcoscenico ideale per provare la grande impresa. La vigilia non fu delle migliori, fino all’ultimo regnò l’incertezza sulla partecipazione, ma poi, con una formula ad hoc, senza atleti militari, la spedizione azzurra prese parte ai Giochi della XXII Olimpiade. Per la Simeoni cambiava poco, le avversarie più forti erano comunque presenti e la sfida era apertissima. La prova di salto in alto si svolse in due giorni. Il 25 luglio si disputarono le qualificazioni. Delle venti partecipanti, dodici superarono la misura richiesta a 1,88 mt., approdando così alla giornata successiva decisiva per le medaglie.
Il grande giorno era arrivato. Scrosci di pioggia avevano bagnato il prato dello stadio Lenin, la pedana era umida, la zona della gara un andirivieni che minava la concentrazione delle atlete e per l’azzurra fu un momento terribile. Non era in grado di trovare la carica giusta e nel giro di pochi minuti fu assalita da una crisi di panico. Una tragica mezz’ora, nel corso della quale la paura di vincere le faceva tremare le gambe. Fece un salto di prova, ma fu un disastro. Nel frattempo, dalle tribune, il marito allenatore, Erminio Azzaro, le gridò: “Sara svegliati!”. Di lì a poco, la ragione prese il sopravvento, proprio in coincidenza con l’inizio della gara e tutto cambiò.
Le favorite entrarono in gioco a 1,80 mt. Ad un certo punto, un po’ a sorpresa, la Simeoni rinunciò a 1,88 mt., chiedendo la misura successiva a 1,91 mt., che superò in scioltezza insieme alla Kielan e alla Ackermann. Successivamente l’asticella salì a 1,94 mt., ma anche la tensione iniziò a farsi sentire. Era il momento clou. La Ackermann uscì clamorosamente, la campionessa in carica dovette arrendersi tra lo stupore. La Simeoni e la Kielan, invece, volarono senza problemi già al primo tentativo; mentre, l’altra tedesca dell’est, Jutta Kirst, strappò la misura al secondo. La gara si decise a 1,97 mt. Le tre contendenti sbagliarono il primo tentativo, mentre, nel successivo, solo l’azzurra riuscì a superare l’asticella. Era in testa, ma doveva attendere i salti delle sue avversarie. La Kirst sbagliò, mentre la Kielan si giocò l’ultima possibilità. La Simeoni attese con grande trepidazione seduta su un asciugamano rosso. La polacca sbagliò e Sara con un balzo incredibile scattò in piedi alzando le braccia al cielo. Aveva coronato il suo sogno olimpico, ma prima di festeggiare fece una carezza all’avversaria, sciogliendo quella tensione che divenne gioia. Sul podio del boicottaggio l’Inno di Mameli era proibito, ma l’azzurra intonò “Viva l’Italia”, la colonna sonora di una giornata memorabile.